Narrare la soglia. Dostoevskij, Tolstoj e Čechov: la scrittura di fronte alla morte

"Noi russi, tutta gente perbene, nutriamo una vera passione per questi problemi che rimangono senza soluzione"

Dalla remota tradizione delle lamentazioni e dei pianti la letteratura si è sempre trovata faccia a faccia con la morte. Se la letteratura è davvero una figura della vita, lo è in una cosa specifica: l'essere stretta a se stessa, voler andare oltre i propri confini. Essa crea magnifiche opere conchiuse che imitano la massima apertura della vita. E per questo la fine e l'inizio della vita sono al centro dei suoi interessi, sono “in posizione forte”, si direbbe in poesia.
«L’arte è sempre e senza tregua dominata da due cose. Essa riflette instancabilmente sulla morte e crea così, instancabilmente, la vita. La grande, la vera arte è quella che si chiama Apocalisse di san Giovanni e quella che vi aggiunge qualcosa» (B. Pasternak, Il dottor Živago)
Il corso si concentra sulla tematica della morte in alcuni racconti dei tre giganti della letteratura russa dell’Ottocento. Proprio perché spesso il tema è affrontato per epifanie, è stata privilegiata la forma breve, spesso più adatta a esprimere l’oscura angoscia della morte e le possibili vie di uscita di fronte a essa. I diari di Tolstoj e il grande filosofo protoesistenzialista Lev Šeštov aiuterà nella riflessione, senza analisi o concettualizzazioni, ma attraverso un cammino esperienzale, perché l’esperienza della morte è indistricabilmente legata all’esperienza che la vita ha di se stessa e rappresenta uno dei vissuti più preziosi dell’uomo.