"La traduzione è un processo per il quale la catena di significati che costituisce il testo della lingua di partenza viene sostituito da una catena di significati nella lingua di arrivo, che il traduttore fornisce in forza di una interpretazione” (L. Venuti). E’ dunque il traduttore che si fa mediatore tra le lingue e i loro molteplici micro-linguaggi. Dalla convinzione che la società odierna è costituita da una miriade di sottolinguaggi, tutti con pari dignità di comunicazione, è nata l’idea a Teresina Zemella (ricercatore) e a Sandra Talone (traduttore professionista free lance) di accostare il mondo accademico e il mondo degli operatori del settore (traduttori professionisti e società di servizi di traduzione che operano sul territorio). 

Ciò per offrire agli studenti dei corsi di lingue in letterature straniere moderne l’opportunità di conoscere i problemi inerenti la professionalità da acquisire non solo nel campo dell’editoria e delle discipline umanistiche, bensì anche in ambito finanziario, tecnico, scientifico ecc. Obiettivo: esplorare l’industria della traduzione sui versanti accademico e aziendale, per fornire una riflessione concreta su strumenti e funzione comunicativa della traduzione. 

La comunicazione è il motore che muove la nostra civiltà, è il vettore di culture, tecnologie e scienze. Dal suo corretto uso dipende in gran parte un successo editoriale o una corretta presentazione di una impresa, mentre la sua assenza o inefficacia vanificherebbe tutti gli sforzi compiuti a monte nella creazione dei beni o delle conoscenze. 

Il progetto intende approfondire il rapporto esistente tra conoscenza, diffusione e strumenti della comunicazione. È nostra convinzione che questo approfondimento gioverebbe sia alle aziende, che richiedono personale capace di comunicare, sia all’ente formatore (Università), perché permetterebbe di perfezionare e diversificare l’offerta formativa in sintonia con il mercato del lavoro 


Traduttore Visibile: IX edizione, 30 settembre-1 ottobre 2019 

  

Prima giornata: La traduzione d’autore 

Il tema portante della sezione linguistico-letteraria della IX edizione de Il traduttore visibile, realizzatosi alla fine di settembre 2019, è stato la traduzione d’autore. Il termine ‘traduzione d’autore’ così come viene inteso generalmente vuole indicare e circoscrivere quelle versioni compiute da scrittori sia in riferimento a testi propri – allorché si parla di “auto-traduzione” – sia in riferimento a testi altrui.  

La pratica di tradurre versi altrui è stata tradizionalmente parte del percorso formativo dei poeti, sia per quanto attiene l’ampliamento del proprio bagaglio culturale, sia dal punto di vista dell’apprendimento delle tecniche versificatorie. Occorre inoltre tenere a mente che alcune di queste traduzioni sono addirittura parte fondante e integrale della poesia italiana. Si pensi, ad esempio, a quello che viene considerato come il primo testo della Scuola siciliana: la canzone Madonna, dir vo voglio di Giacomo Da Lentini che apre il Canzoniere Vaticano Latino 3793 che è, de facto, una traduzione di A vos, midons, vuelh retraire en chantan di Folchetto di Marsiglia.  

La traduzione d’autore chiama in causa concetti come quelli di imitatio e di æmulatio. Bene sarà rammentare che il riferimento ai testi antichi non si confondeva con il senso attuale di plagio o di pedissequa riproposizione di modelli autorevoli. Al contrario, l’imitazione era intesa – fino al classicismo di matrice umanistico-rinascimentale – come una ricerca etico-estetica basata sul confronto con il modello antico alla ricerca del suo eventuale superamento.  

Ecco, dunque, che la traduzione d’autore acquisisce un significato che va al di là della semplice necessità di divulgare nella propria lingua dei testi stranieri e non sorprende che le collezioni di traduzioni siano unanimemente ritenute parte integrante della bibliografia di un poeta, proprio come esercizio di scrittura che, pur non giungendo a produrre testi che siano completamente autonomi rispetto a quello originale, si configura come gesto letterario e non come semplice resa traduttiva all’esclusivo servizio del testo di partenza. Il nostro autore-traduttore reclama per sé, in funzione della propria attività creativa (o ri-creativa), un ruolo meno subalterno in relazione all’autore originale. Più di recente, a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, molti editori hanno caldeggiato e incentivato la pratica della traduzione d’autore, nella convinzione che questa potesse apportare maggior prestigio alla pubblicazione. Ecco perché le versioni compiute da un autore come Ungaretti sono sempre più proposte come produzioni a sé, dotate di una propria dignità creativa e inserite nel corpus dell’autore. Per lo stesso motivo, sono sorte pubblicazioni autonome come i Quaderni di traduzioni di Montale, Caproni, Sereni, Sanguineti, Fenoglio, Giudici, e oggi Buffoni, Deidier, Zuccato. 

Ci si chiede di conseguenza, e inevitabilmente, se per tradurre poesia si debba necessariamente essere poeti – per garantire una maggiore e più autentica capacità di percezione profonda del testo originale – o, viceversa, se chiunque traduca poesia non sia di fatto, nella pratica della sua esperienza traduttiva, un poeta, pur non avendo mai pubblicato versi propri. 

Naturalmente, il tema della traduzione d’autore non riguarda soltanto la poesia ma investe tutti i generi letterari e pone diversi possibili spunti di riflessione. Uno di questi è proprio domandarsi in quale genere sia stata più praticata la traduzione d’autore e perché. C’è un primato della poesia? Se sì, è perché la poesia si configura come un codice autonomo posseduto da una élite di poeti? 

Connessa alla traduzione d’autore è anche l’idea di un confronto tra epoche, quando, per i motivi più disparati, un autore contemporaneo si concentra, ad esempio, su un testo classico per restituirne il senso, attraverso un meccanismo di appropriazione e di attualizzazione. 

Effettivamente, sarà produttivo mettere in evidenza che uno scrittore che traduce è prima di tutto lettore dell’opera altrui, ed è proprio sulla base dellattività di lettura che opera la selezione dell’opera da tradurre; attraverso la lettura, lo scrittore comincia a fare sua l’opera altrui, facendola passare attraverso la propria esperienza di autore. Così come è pertinente interrogarsi sulle dinamiche che portano un autore a tradurne un altro: se questo, ad esempio, avvenga più per la prossimità tra le due personalità o, al contrario, per distanza e contrapposizione. 

In prospettiva diacronica, poi, può essere interessante verificare quando il traduttore sia diventato una figura professionale autonoma rispetto alla pratica traduttiva da parte di scrittori, sicuramente molto esercitata in passato. 

Ci sono inoltre, diverse possibili implicazioni di natura linguistica, oltre che stilistica, che possono essere utilmente evocate nel momento in cui ci si occupa di una resa testuale che non coinvolge solo il passaggio da una lingua a un’altra, ma anche da un linguaggio letterario a un altro, da una cifra autoriale a un’altra.  

L’auto-traduzione pone poi, logicamente, una serie di problematiche proprie, trattandosi di un’attività in cui l’autore-traduttore non è in rapporto con il testo altrui ma con il proprio: quali possono essere le motivazioni concrete di questa operazione (il multilinguismo e la multiculturalità dell’autore-traduttore, ad esempio, probabilmente più frequente nei paesi plurilingue) ma anche qual è l’obiettivo, cosa spinge l’autore a tradursi, quali sono le possibili modalità specifiche dell’auto-traduzione. In qualche caso, per problemi di censura, gli autori possono essere stati spinti a tradursi per poter pubblicare i propri testi all’estero, in versione integrale.  

Per l’insieme delle ragioni suesposte si capisce perché la critica della traduzione mostri negli ultimi anni un interessamento sempre più intenso alla traduzione d’autore e perché analisi di questo genere possano aiutare a capire meglio sia il ruolo dell’autore tradotto sia quello dell’autore-traduttore. Come ha scritto eloquentemente Gandolfo Cascio: dell’uno si apprenderà il bacino che è riuscito a occupare nel nuovo campo linguistico, mentre dell’altro si può provare a sondare se la frequentazione così ravvicinata abbia permesso di contaminare la propria scrittura. 

Enrico Martines (Docente di letteratura portoghese)  

Alba Pessini (Docente di Letteratura francese) 

 

Seconda giornata: La traduzione dai Ponti alla Rete 

Digital marketing and communication, Personal and corporate branding, Web writing, Social media strategies, Content marketing, Copywriting, Business communication management, ecc… questi termini indicano i nuovi ambiti nei quali si muove il professionista traduttore e, prendendo in prestito la nota battuta finale pronunciata da Humphrey Bogart nel film The Deadline (1952), con il debito rispetto e una piccola licenza, si potrebbe dire: That’s translation, baby! and there’s nothing you can do about it. 

Favoriti dalle nuove tecnologie, in questi ultimi anni siamo stati testimoni di cambiamenti radicali che pervadono tutti gli ambiti, da quello personale al professionale e sociale. Il Traduttore Visibile, che nasce anche con il proposito di portare agli studenti laureandi le esperienze di professionisti che possano stimolarli e orientarli aprendo loro una finestra sul mondo del lavoro che essi si apprestano ad affrontare, in questa edizione per la sezione Professionisti, ha voluto raccontare non solo come è cambiato il ruolo del traduttore bensì quali strategie sono adottate per entrare e posizionarsi nella professione.  

Il lavoro del traduttore, sia esso editoriale o non editoriale, è da sempre improntato sull’individualità, si pensi alle raffigurazioni del nostro patrono San Girolamo, solitario e meditativo. Idealmente, pensiamo all’individuo traduttore dinanzi al proprio progetto di traduzione che deve rispettare un termine di consegna (anche qui il titolo del film è calzante) avendo come strumenti le conoscenze linguistiche acquisite e che, nel tradurre, funge da “ponte” tra culture diverse. Ai nostri giorni, però, tale individualità s’imbatte nella grande concorrenza cui si è esposti grazie alle nuove tecnologie.  L’individuo traduttore e, conseguentemente il prodotto traduzione, richiedono maggiori cure e strategie diversificate e oculate per distinguersi tra tutte le offerte.  Ecco che il traduttore non solo deve preoccuparsi della qualità del prodotto consegnato ma deve altresì essere consapevole che assieme al testo, egli consegna al committente il proprio “marchio” (branding). Dotandosi però di nuovi strumenti e linguaggi (che possono essere anche informatici) egli deve essere capace non solo di costruire ponti ma di poter condurre il committente verso il posizionamento nella rete essendo egli stesso, il traduttore, presente e operante sui media sociali. Il traduttore così, si ricrea e scopre nuovi ambiti di lavoro e richiede nuovi strumenti formativi.  

Il passaggio dai ponti alla rete è stato oggetto quindi delle presentazioni esposte durante le giornate de Il Traduttore Visibile- sezione Professionisti.

Sandra Talone (Traduttrice professionista)